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Nei monasteri tradizionali si trova un'area chiamata sodo (sala dei monaci) dove i praticanti dormono, mangiano e fanno pratica zazen insieme. Nel sodo c'è una piattaforma, chiamata tan, alta circa 60 cm. Ognuno dispone dello spazio di un tatami (stuoia con un rivestimento in fibra di giunco) in cui mangiare, dormire e sedere. Una statua di Manjushri Bodhisattva, simbolo di saggezza, è posta al centro della sala.
La sala zendo è riservata alla pratica. In questo senso è diversa dal sodo, ma vengono rispettate le stesse regole. Le regole di comportamento possono presentare delle variazioni a seconda del monastero o del tempio. Per questo è consigliato ricevere e seguire le istruzioni sul posto. Qui di seguito vengono descritte solo le principali regole riferite allo zazen.
Tenere le mani in posizione shashu e avanzare con il piede sinistro dal lato sinistro dell'ingresso. Quando si lascia lo zendo, camminare compiendo il primo passo con il piede destro tenendo il lato destro dell'entrata. Solo l'abate del monastero può entrare nella sala dal centro dell'ingresso.
Una volta nella sala, inchinarsi in gassho verso l'altare e raggiungere il proprio posto. In segno di rispetto, evitare di camminare davanti alla statua di Manjushri Bodhisattva passando, quindi, dietro di essa. Mentre si cammina, mantenere le mani in posizione shashu.
Giunti al proprio posto, porvisi di fronte e compiere un inchino in gassho. Questa è una forma di saluto a chi sta per fare zazen vicino a voi, che contraccambierà l'inchino. Questo rituale viene chiamato rin'i-monjin. Voltarsi, quindi, verso destra fino a lasciarsi dietro il posto per la seduta e inchinarsi nuovamente verso coloro che sono seduti nella parte opposta della sala. Questa è una forma di saluto a tutti coloro che si trovano nella sala ed è chiamata taiza-monjin.
Sedersi sul proprio zafu, voltarsi verso destra e porsi di fronte alla parete. Nel sodo si trova una tavola di legno (joen) all'estremità della piattaforma (tan) dove vengono poste le ciotole durante i pasti. Mai sedersi o mettere i piedi sulla joen.
Una campana segnala l'inizio e la fine della seduta. All'inizio la campana suonerà tre rintocchi (shijosho). Quando comincia il kinhin, la campana suonerà due volte (kinhinsho). Alla fine del kinhin, invece, la campana suonerà una volta sola (chukaisho), così come al termine della seduta (hozensho).
Quando la campana suona due volte, per segnalare l'inizio di kinhin, o una volta, per la fine dello zazen, rilassarsi come spiegato precedentemente e scendere dal tan. Porsi di fronte al proprio posto e accomodare lo zafu. Quindi inchinarsi verso il proprio posto, voltarsi verso destra, inchinarsi verso chi si trova nella parte opposta come si è fatto prima della seduta.
Se non si compie il kinhin, lasciare il proprio posto e dirigersi verso l'ingresso della sala con le mani in posizione shashu. Inchinarsi in gassho verso Manjushri Bodhisattva e lasciare la sala. Compiere il primo passo, questa volta con il piede destro. Se si compie il kinhin, cominciare immediatamente. Mantenere uguale distanza da chi vi precede e da chi sta dietro di voi. Camminare lungo la sala fino a ritornare al proprio posto. A questo punto è possibile recarsi in bagno, se necessario. La sessione successiva di zazen avrà inizio poco dopo.
Il kyosaku è un bastone di legno con il quale il jikido (l'addetto alle funzioni che Manjushri Bodhisattva simbolizza) sveglia chi si addormenta o coloro la cui mente è occupata. Se si vuole essere colpiti con il kyosaku, fare un segno in gassho e attendere. Quando il jikido poggia il bastone sulla vostra spalla destra, abbassare il capo verso sinistra. Questo serve ad evitare di essere colpiti sull'orecchio e a fare in modo che vengano colpiti i muscoli delle spalle. Continuare il gassho. Dopo che il jikido ha percosso la spalla, raddrizzare la testa e inchinarsi. L'inchino sarà contraccambiato dal jikido, che terrà il bastone con entrambe le mani.
Gassho: tenere unite le palme e le dita delle mani. Le braccia devono essere leggermente staccate dal busto, i gomiti rivolti in fuori lateralmente e paralleli al pavimento. La punta delle dita deve trovarsi approssimativamente alla stessa altezza del naso. Questa è un'espressione di rispetto, fede e devozione. Dal momento che le due mani (dualità) sono giunte, la posizione esprime "un'unica mente".
Shashu: porre il police della mano sinistra al centro della palma e chiudere la mano a pugno. Porre il pugno davanti al petto. Coprire il pugno con la mano destra. Tenere i gomiti staccati dal corpo in modo da formare una linea retta con entrambi gli avambracci.
Mantenersi in posizione ritta e inchinarsi leggermente in gassho dalla vita in su. Piegare le ginocchia fino a toccare il pavimento. Piegarsi in avanti partendo dalla vita, toccando il pavimento con le mani (palme verso l'alto), gli avambracci e la fronte Tenendo le palme parallele, alzarle fino all'altezza delle orecchie. Mantenere questa posizione per un momento.
Riportare le mani in gassho, raddrizzarsi e riportarsi in posizione eretta. Inchinarsi come prima. L'inchino ripetuto tre volte viene chiamato sanpai. Il sanpai viene compiuto, per esempio, prima e dopo il canto dei sutra. Sanpai è detto anche Gotai tochi, dove gotai sta per cinque parti del corpo (le due ginocchia, i due gomiti e la fronte) mentre tochi significa "volgere a terra".